La recentissima sentenza della Corte d’Appello di Palermo, emessa in data 11.09.2020, nella questione avente ad oggetto il contratto di compravendita di un immobile da destinarsi a privata dimora dell’acquirente, ha rappresentato una significativa innovazione, espressa alla luce del diritto europeo e della giurisprudenza della Corte Europea.
In particolare, nel caso posto all’attenzione dell’adita Corte, la stessa qualificava come essenziale e pertanto fondante ai fini della risoluzione per grave inadempimento del contatto, la condizione relativa all’assenza di uno spazio esterno da destinare al proprio cane.
La circostanza che, contrariamente a quanto pattuito in sede di conclusione del contratto preliminare di vendita, la porzione esterna dell’immobile oggetto dello stesso, non fosse di proprietà del promissario venditore, risultava difatti idonea, ad influire in modo sostanziale nel costituendo rapporto giuridico.
A tal proposito, il Collegio investito della questione, rilevava che lo spazio risultato solo in un secondo momento di proprietà di terzi ed adibito a cortile condominiale, fosse da ritenersi elemento essenziale nell’economia generale del contratto, dal momento che, detta superficie esterna, sarebbe servita all’acquirente, per collocarvi il proprio cane, da considerarsi quale animale d’affezione.
Valorizzando infatti, il rapporto tra padrone e animale domestico, ritenuto dal costante orientamento della giurisprudenza di merito e di legittimità, quale ordinariamente tutelabile, poiché attinente ad una relazione di tipo affettivo, la Corte evidenziava che l’utilizzazione dello spazio antistante all’immobile, rivestisse carattere fondamentale, legittimando in assenza, la risoluzione del contratto, per grave inadempimento della controparte.
Infatti, la tutela del benessere degli animali, rappresenta un presupposto ormai indiscutibile, con il quale il legislatore, così come i giudici e gli amministratori, devono necessariamente fare i conti.
Il principio fatto proprio dalla Corte d’Appello nella risoluzione del caso de quo, è quello secondo il quale:“Nell’ipotesi in cui una porzione dell’immobile unitariamente venduto, risulti in comproprietà del venditore e di terzi, l’acquirente in buona fede può chiedere la risoluzione del contratto qualora provi l’essenzialità, nella concreta economia dell’affare, della parte del bene da lui non acquistata” (Ex Multis Cfr. Cass. Civ.; n. 6355 del 28.11.1981); essenzialità che può legittimamente attribuirsi anche ad esigenze che risultano diverse da quelle familiari.
Per tali evidenti ragioni, può ragionevolmente affermarsi, che nell’evoluzione del diritto vigente, anche l’utilizzo di un cespite con un’area esterna, per necessità riferibili al proprio animale domestico, può avere rilevanza per valutare le caratteristiche ritenute essenziali di un immobile e condurre all’accoglimento della richiesta di risoluzione contrattuale per grave inadempimento del promissario venditore, ai sensi dell’art. 1480 del codice civile.
A cura dell’Avv. Valeria Palumbo.